
Assistetti alla celebrazione della Pasqua per l’ultima volta 14 anni fa. Dovevo fare la cresima e mi toccava. Ovviamente avevo realizzato tempo prima la Non esistenza di Dio e l’ipocrisia che si cela dietro oro e incensi della Chiesa (due concetti diversi, ma che mi piace confondere per non illudermi mai). Dapprima entravo nella casa del Signore e semplicemente non ascoltavo. Domenica scorsa, invece, ho voluto osservare attentamente per rinfrescarmi la memoria. Le cose che odio? Sempre le stesse: i rituali, le frasi a memoria, le preghiere, la severità nei volti, il fiume di parole che passa per le orecchie ma mai per il cervello.
Tuttavia, non è per questo che ho sgranato gli occhi, alzato un sopracciglio e corrugato le labbra come a urlare bleah. Un altro particolare ha rinnovato la mia volontà di non andare a messa. Qualcosa per cui ho storto il naso verso la nazione a cui appartengo, il mondo in cui abito, l’era ermafrodita che vivo:
Lì dentro, nello spazio di pochi metri, era rappresentata l’Italietta:
Il Vaticano (il parroco)
Lo Stato (il sindaco)
l’Arma (i carabinieri)
(AVVISO per i benpensanti: niente di personale contro i nominati, solo pura avversione verso ciò che incarnano)
Il resto del teatrino: formalità da tagliare a fette e chiari segni di mescolamento tra potere temporale e spirituale. Un salto indietro nel medioevo o altra epoca storica più recente. E soprattutto l’eterno ritorno dell’uguale: riti, riti e riti.
Per questo l’Italia non andrà mai avanti: ci sono gli italiani. E gli italiani vanno in chiesa per difendere il santo cattolicesimo del loro Paese e di Francesco, il guru. E andando in chiesa imparano l’arte dell’apparenza. Così l’importante è vestire firmato ed esternare che si crede fino in fondo all’Atto di dolore.
L’emblema del popoletto son i due carabinieri di fronte alla folla durante l’ora e mezzo di celebrazione pasquale: zitti, fermi e inespressivi. Perché è questo che conta per il Vaticano, lo Stato e l’Arma: che si stia immobili, soprattutto di pensiero, cosicché le cose non possano cambiare mai.
Amen.
A tutti voi, italiani. Buoni, ma anche cattivi.
Daniela Melis